Amnesty International: una cinquantenne in forma smagliante

di Marcella Onnis

Il 2011 sarà sicuramente ricordato da tutti come un anno di luci e di ombre. Quello che per l’Italia doveva essere un anno speciale, per via del 150° anniversario della nascita dello Stato unitario, si è rivelato invece uno dei momenti più bui della nostra storia. Ma anche per il resto del mondo le cose non stanno andando meglio ed eventi drammatici (guerre civili, violente rivolte, catastrofi naturali, crisi economica …) stanno oscurando gli episodi positivi e le ricorrenze importanti. Cinquant’anni fa, nel mese di maggio nasceva, infatti, una delle rose più preziose che il pianeta Terra abbia mai visto sbocciare: Amnesty International.

 

L’associazione è conosciutissima e non ha certo bisogno di presentazioni, visto che al suo contributo si devono tante importanti conquiste in difesa dei diritti umani quali l’istituzione della Corte penale internazionale, la moratoria dell’Onu sulla pena di morte o la Convenzione sulle sparizioni forzate.

Le battaglie da portare avanti, però, sono ancora tante: stando al rapporto annuale 2011 di Amnesty, infatti, se da un lato si registrano alcuni segnali positivi (come la diminuzione del numero degli stati che prevedono la pena di morte), dall’altro si rilevano diversi fatti allarmanti. In particolare, secondo l’associazione “la libertà d’espressione – un diritto vitale in sé ma anche per poter pretendere altri diritti – è sotto attacco ovunque nel mondo”.

Il rapporto – come è normale che sia, visti gli eventi a cui abbiamo assistito quest’anno – punta molto l’attenzione su Medio Oriente e Africa del Nord, auspicando che il cammino delle riforme a difesa dei diritti umani prosegua coraggiosamente e pacificamente. Amnesty, inoltre, esorta le aziende e tutti i soggetti che possiedono o gestiscono mezzi di informazione e comunicazione, compresi i social network, a  non “diventare pedine o complici di governi repressivi che vogliono reprimere la libertà d’espressione e usare la tecnologia per spiare i loro cittadini”.

Queste raccomandazioni, però, dovrebbero essere intese in senso più ampio, rivolte, cioè, innanzitutto a tutti gli stati del mondo, anche a quelli che si ritengono democratici o maggiormente civilizzati e che, però, dimenticano di applicare i principi di tolleranza, equità e giustizia non solo nei confronti degli altri Paesi, ma spesso e volentieri anche entro i propri confini.

E anche noi, cittadini del mondo, dovremmo comunque, a modo nostro, far tesoro di queste raccomandazioni, perché veramente i piccoli gesti, se sommati tra loro, possono fare la differenza. Ed ecco quindi che, per esempio, dovremmo anche noi imparare a non essere pedine nelle mani altrui. Il che significa per prima cosa non appoggiare, difendere e giustificare governi più o meno repressivi, ma in secondo luogo anche non seguire acriticamente i loro oppositori, veri o presunti che siano. Sforziamoci di informarci meglio, di tenere sempre a mente gli insegnamenti della Storia, di valutare con meno pregiudizi le opinioni, di giudicare situazioni simili con lo stesso peso e la stessa misura … Proviamo, cioè, a dare la nostra umile e ideale adesione all’invito di Christine Weise, presidente della sezione italiana di Amnesty: “La comunità internazionale deve cogliere l’opportunità del cambiamento e assicurare che il 2011 non sarà una falsa alba per i diritti umani”.

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